Falcidiabilità dell’Iva per i soggetti sotto soglia fallimentare assoggettabili al sovraindebitamento
Commento sentenza Tribunale di Udine, II sezione, 14.05.2018 Giudice Dott. Lorenzo Massarelli
Interessanti novità per i soggetti sotto soglia fallimentare che si trovano in stato di sovraindebitamento, anche per aver contratto debiti Iva.
Il Tribunale di Udine, con provvedimento del 14 maggio 2018, ha rimesso alla Corte Costituzionale il dibattuto tema dell’infalcidiabilità dell’Iva in materia di sovraindebitamento – ovvero per tutti i soggetti sotto soglia fallimentare passibili di applicazione della L. n. 3/2012 – per violazione, da parte dell’art. 7 della L. n. 3/2012, degli artt. 3 e 97 della Costituzione della Repubblica.
Si rammenta appena che il Tribunale di Udine era già stato pregevole fautore della nota sentenza della Corte di Giustizia del 7 aprile 2016 che, consentendo agli stati membri la falcidia Iva, aveva aperto la strada all’orientamento giurisprudenziale nazionale in favore di tale falcidia anche nelle procedure concorsuali, poi sfociato nella rivoluzionaria novella dell’art. 182 ter “Transazione fiscale” della Legge Fallimentare da parte della Legge di Bilancio 2017, in vigore dal 1° gennaio 2018.
Ebbene, se nelle procedure concorsuali principali la novella dell’art. 182 ter L.F. ha definitivamente sancito la possibilità di falcidiare Iva e ritenute operate e non versate nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, nella Legge n. 3/2012 sul sovraindebitamento è mancato il vento della riforma: l’art. 7 comma 1 terzo periodo rimane graniticamente a vietare la falcidia di Iva e ritenute operate e non versate (tributi costituenti risorse dell’Unione Europea), consentendone esclusivamente la dilazione.
C’è da dire che, anche nella giurisprudenza dedita al sovraindebitamento, non sono mancate illuminate pronunce che, applicando con modalità self executive il principio di diritto statuito dalla nota sentenza della Corte di Giustizia del 7 aprile 2016, ha consentito nel sovraindebitamento (rectius, nell’accordo con i creditori e nel piano del consumatore) la possibilità di falcidiare Iva e ritenute operate e non versate. Trattasi delle sentenze del Tribunale di Pistoia del 26 aprile 2017, del Tribunale di Torino del 7 agosto del 2017, del Tribunale di Pescara del 22 ottobre 2017.
Con il provvedimento del 14 maggio 2018, il Tribunale di Udine ha ritenuto di sottoporre la questione al definitivo vaglio della Corte Costituzionale, dubitando della legittimità costituzionale della norma che impone, nel sovraindebitamento, l’integrale pagamento dell’Iva (e delle ritenute operate e non versate).
Vi sarebbe, a parere del Giudice di merito, la non manifesta infondatezza della violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, in quanto l’art. 7 I comma terzo periodo della L. n. 3/2012, impedendo la falcidia Iva, tratterebbe in modo disuguale soggetti che si trovano in condizioni analoghe, così violando il principio di uguaglianza, posto che prevede un trattamento in pejus per i soggetti sotto soglia fallimentare assoggettabili alla L. n. 3/2012, rispetto ai soggetti che, soddisfacendo i requisiti di cui all’art. 1 L.F., accedono al riformato art. 182 ter “Trattamento dei crediti tributari e contributivi” che consente il pagamento parziale di Iva e ritenute operate e non versate nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.
Vi sarebbe inoltre, a parere del Giudice di merito, la non manifesta infondatezza della violazione del principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, in quanto l’art. 7 I comma terzo periodo della L. n. 3/2012, che stabilisce l’inammissibilità dell’accordo o del piano che non prevede il pagamento integrale dell’Iva, priverebbe la Pubblica Amministrazione del potere di valutare autonomamente ed in concreto se la proposta di composizione della crisi è in grado di soddisfare la pretesa erariale in misura pari o superiore al ricavato ottenibile dall’alternativa liquidatoria.
E’ peculiare il fatto che il Tribunale di Udine, con le motivazioni sottese alla rimessione alla Corte Costituzionale, individua delle ragioni a fondamento della falcidiabilità dell’Iva nel sovraindebitamento piuttosto diverse da quelle individuate dalle citate sentenze del Tribunale di Pistoia e del Tribunale di Torino.
Il Tribunale di Torino, infatti, con la sentenza del 7 agosto 2017, ritiene ammissibile la falcidia Iva nel sovraindebitamento sul presupposto che il gettito Iva, essendo risorsa propria dell’Unione Europea, sia di competenza dell’ordinamento dell’Unione, e conseguentemente la pubblica amministrazione e i giudici nazionali debbano “disapplicare” la norma interna (art. 7 L. n. 3/2012) per applicare, con modalità self executive, il principio di diritto espresso dalla Corte di Giustizia, che ha circostanziato l’applicabilità della Direttiva Iva, consentendo agli stati membri una certa libertà nell’individuazione dei mezzi a disposizione per garantire il gettito, purché siano rispettati determinati parametri.
Il Tribunale di Pistoia, invece, con la sentenza del 26 aprile 2017, ritiene ammissibile la falcidia Iva nel sovraindebitamento sul presupposto che il divieto di falcidia Iva di cui all’art. 7 I comma terzo periodo della L. n. 3/2012 faccia implicitamente salva l’ipotesi che la proposta preveda invece un trattamento migliore rispetto a quello consentito dall’alternativa liquidatoria, esprimendo così una regola generale rispetto alla quale l’eccezione deve ritenersi non esclusa, ma implicita; e ciò stante l’introduzione del principio di diritto da parte della Corte di Giustizia UE con la sentenza del 7 aprile 2016.
Il Tribunale di Udine, dunque, peculiarmente ritiene che la questione del divieto di falcidia dell’Iva nel sovraindebitamento sia, in primis, un fatto squisitamente nazionale, e che quindi “la vicenda deve essere risolta soltanto nel quadro dell’ordinamento interno” (pag. 5 della sentenza).
Sicché in questo provvedimento vengono evidenziate le seguenti circostanze:
- oggi, ai soggetti rientranti nei requisiti di cui all’art. 1 della L.F., nonché alle imprese soggette ad L.C.A. con esclusione del fallimento, è consentito prevedere una soddisfazione non integrale dei crediti privilegiati;
- idem per chi accede agli accordi di ristrutturazione;
- pertanto, la regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati, purché pagati in misura corrispondente al valore ricavabile in via di esecuzione forzata dai beni destinati per legge alla loro soddisfazione, è ormai comune in tutte le procedure concorsuali;
- tuttavia coloro che hanno a disposizione solamente l’accesso al piano del consumatore e all’accordo con i creditori di cui alla L. n. 3/2012 (in quanto soggetti sotto soglia fallimentare) debbono sempre pagare comunque e per l’intero tale categoria di crediti privilegiati (tributi UE, Iva e ritenute operate e non versate).
Di qui l’invocata disparità di trattamento e la non manifesta infondatezza della violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Per concludere, non può che esser salutata con favore l’iniziativa giurisprudenziale per sanare tale dicotomia normativa, a prescindere dalle motivazioni sottese, tutte egualmente pregevoli e sostenibili, stante anche l’attuale indifferenza alla questione della infalcidiabilità dell’Iva nel sovraindebitamento da parte della Riforma Rordorf che, sul punto, nulla auspica.
Milano, 22 maggio 2018
Avv. Francesca Monica Cocco.
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